“Il deserto è entrambe le cose: il luogo della tentazione e quello della particolare vicinanza di Dio, il luogo delle tenebre e della luce, dove dimorano i demoni e dove si apre il celo sopra di noi” ( Anselm Grün )
Introduco l’articolo con una citazione di Anselm Grün, padre benedettino di origine tedesca, noto autore di molti libri che aiutano nel cammino spirituale.
La sua percezione del deserto descrive perfettamente la condizione “particolare” di questo luogo la cui via è una via ardua, ovviamente arida, tortuosa, estenuante, decisamente diversa da quelle analizzate insieme finora, ma che nasconde uno dei misteri più potenti della Fede.
Quello a cui questa strada porta è un cammino interiore duro e complesso, che ognuno lo vive e lo percorre in modo diverso e con tempi diversi. Mentre per i percorsi precedenti abbiamo realizzato che degli imprevisti hanno portato il cuore di alcuni a camminare dentro le difficoltà, il percorso della via del deserto pare abbia una modalità differente.
Non si sa come, ma la maggior parte delle volte ci si ritrova dentro senza avere esattamente chiaro di come ci si è entrati; è come se le circostanze ci avessero guidato silenziosamente lungo un sentiero imprevedibile che non avevamo intenzione di percorrere. Altre volte, invece, ce ne accorgiamo solo dopo di trovarci a camminare per questa via, il che genera smarrimento e destabilizzazione. Magari ci ritroviamo a riflettere su come abbiamo fatto a perdere la rotta, avvolti da una sensazione di incertezza.
Altre volte ancora, sembra l’unica via che ci si è aperta davanti per poter “passare da un punto ad un altro”, spingendoci a proseguire, anche se l’idea di esplorare nuove strade si fa via via più remota, lasciandoci con domande senza risposta sulle scelte che abbiamo fatto lungo il percorso della nostra esistenza.
Quello che si sa è che ad un certo punto al cuore accade qualcosa, qualcosa che si separa dal senso e dallo scopo della Vita e non serve che ci sia per forza una tragedia perché questo accada. Il cuore si stacca, all’improvviso si isola, si allontana, da sé stesso, da chi gli è intorno, dalla condizione, da Dio. Può sembrare azzardato, ma mi pare di aver compreso che la Via del deserto, per qualche ragione, sembra sia stata tracciata apposta per permettere al cuore di percorrerla.
Abbiamo testimonianze nella storia della Bibbia di come il deserto abbia portato risvolti significativi, nonostante la condizione avversa che lo identifica come una delle parti più pericolose del mondo. Basti pensare ai 40 anni nel deserto del popolo di Israele! Avendo noi il quadro davanti, possiamo vedere come una condizione di deserto possa essere strategica per arrivare ad un obiettivo ben preciso, certo con non pochi disagi, ma arriva a concludere un progetto attraverso uno schema ben tracciato, affinché si potesse passare da una realtà di “prigionia” a quella di “libertà”.
Non è tanto l’inizio e la fine del viaggio del popolo di Israele nel deserto a rendere questo pezzo di storia una delle testimonianze più forti e determinanti di Dio, quanto quello che durante tutto questo tempo si è trovato a passare al suo “interno”. Dall’esperienza della mancanza di fede, nonostante i miracoli visti (manna dal cielo, quaglie, acqua scaturita dalla roccia), alla perdita di vista del proposito di Dio, nonostante fosse data una guida che li proteggesse e li dirigesse lungo il loro cammino durante tutto il tragitto (nuvola di giorno, fuoco di notte).
Questi spazi ulteriori hanno generato a loro volta “deserti nel deserto”, creando vere e proprie atmosfere di frustrazione, agitazione, smarrimento nel cuore di chi in quel momento aveva deciso di fidarsi pienamente di un Dio, il quale avrebbe promesso loro la libertà e la stabilità di una terra nuova e rigogliosa, ricca di ogni risorsa, ma che invece sembrava essersi dimenticato di loro.
Per alcuni è stato difficile poter gestire questa condizione e in quel deserto hanno lasciato le proprie vite senza mai avere la straordinaria occasione di vedere la Terra Promessa, come ci raccontano la Scritture. Altri ne hanno fatto un modo per mettere alla prova non solo il loro Dio ma anche loro stessi, nella Fede e nella perseveranza che, quanto era stato detto loro, di certo sarebbe accaduto, e così è stato.
Dopo un lungo, arido, estenuante deserto, sono riusciti a varcare la soglia di quell’orizzonte irraggiungibile dal punto di vista umano, ma meravigliosamente varcabile nella speranza di un Dio che non si era affatto dimenticato, ma ha agito a loro favore contro ogni aspettativa. Questi saranno coloro che godranno dei benefici della promessa e toccheranno con mano la grandezza della bontà del loro Signore. Oggi questa meravigliosa testimonianza è arrivata fino a noi.
Ma, esiste un’altra testimonianza che le Scritture ci raccontano, di “Qualcun altro” che ha fatto esperienza della Via del deserto, ed è su questo esempio che vorrei porre la mia attenzione e considerarlo insieme a voi.
Non si tratta di un popolo questa volta, ma di una Persona. Un uomo che trascorre nel deserto 40 giorni e 40 notti! Precedentemente ho riflettuto sul fatto che la via del deserto sembrasse una via tracciata apposta affinché il cuore potesse percorrerla, ebbene, proprio la storia e l’esperienza nel deserto di quest’uomo, ha fatto sì che più volte venisse sollecitato questo pensiero nel mio cuore, fino a diventare una vera e propria concezione.
“Gesù appena fu battezzato, salì fuori dall’acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di Lui…” (Matteo 3:16)
La vita ministeriale di Gesù il Figlio di Dio, comincia esattamente da qui. Ma, prima Gesù deve effettuare un “passaggio” fondamentale per dare inizio al suo compito. Doveva incontrare Dio, ma anche scoprire Sé Stesso, umanamente parlando. Proprio a causa di quest’ultima, ha avuto bisogno oltre che di una forza di volontà, anche di una risorsa che veniva dall’Alto.
“…fu condotto dallo Spirito nel deserto” (Matteo 4:1)
Lo Spirito Santo è stata la forza e la risorsa che ha permesso all’essere umano Gesù di trascorrere il Suo tempo nel deserto.
Un tempo che sappiamo essere stato pesante nel gestire, prima di ogni altra cosa, i bisogni primari di cui una persona necessita, come il cibo, per esempio! Ma anche nel gestire emozioni, sentimenti, fattori interni, che possono portare una persona alla follia, allo sconforto più totale se prendessero il sopravvento, o fattori esterni che sottopongono il corpo ad una pressione che nemmeno possiamo immaginare.
Il caldo afoso del giorno e il gelo della notte, bestie selvatiche pronte a divorare la loro preda da un momento all’altro, l’ambiente stesso, che diventa una trappola senza via d’uscita. Infine, proprio nel momento più estremo del bisogno, si presentano le tentazioni che a tutti i costi cercano di abusare del momento di debolezza per sottrarre la “meta” quasi raggiunta.
Gesù nel Suo “essere umano” fa esperienza di tutto questo, va incontro ai bisogni più estremi, subisce su di Sé gli effetti di fattori interiori ed esteriori che possono influire sulla stabilità della ragione e della fede, sperimenta disagi fisici e soffre della pressione esercitata dalle tentazioni e della paura di poter cedere da un momento all’altro.
Tuttavia, fa esperienza anche del valore inestimabile dell’intimità, della preghiera, del silenzio, della vicinanza al Padre, come mai vissute forse fino a quel momento. Per descriverla in maniera più chiara, Gesù fa esperienza della potenza di Dio, che si manifesta attraverso la debolezza e la fragilità del cuore.
Esperienza del deserto meravigliosamente descritta nella citazione che introduce questa mia riflessione: “…il deserto è il luogo delle tenebre, ma anche della luce”.
Tenebre che escono fuori e incombono in momenti di crisi, luce che divampa, quando in tutto questo, la fiducia in Dio e la certezza della Sua Presenza in noi vede e va al di là della condizione in cui ci troviamo. Senza negarla, sia chiaro, ma perfettamente vissuta con tutte le capacità messe a nostra disposizione, grazie al dono straordinario dello Spirito Santo in noi, che ci da l’opportunità di cambiare l’aridità di quel momento in un vero e proprio luogo di fonte inesauribile.
Una condizione delicatissima e decisamente pericolosa, piena di insidie e difficoltà, arida, soffocante e priva di “vita”, eppure, da come abbiamo potuto comprendere dalla storia del popolo d’Israele e dall’ esperienza di Gesù, è considerato da Dio come “luogo e tempo” favorevole per manifestare la Sua Gloria, per farsi conoscere, per rivelare i misteri che si celano dietro la Sua Parola, per offrire l’opportunità della Benedizione delle Sue Promesse.
Identificato addirittura come “luogo” dove poter ascoltare la Sua voce (vedi Osea 2:14).
Con questo non voglio certo affermare che la condizione dell’aridità di un’anima sia una questione “imposta” da Dio! Voglio tentare però di sottolineare la delicatezza di un tipo di “stagione” a cui il nostro cuore potrebbe andare incontro.
Fa parte di noi, dell’essere umano, considerare e vivere la vita attraverso ogni sua sfaccettatura e il deserto, l’aridità dell’anima, fa parte di essa.
Il Signore non crea e né permette il “deserto in noi”. Questo fa parte della nostra natura, non della Sua. Egli non lo toglierà qualora si dovesse presentare nel nostro cammino! La Sua intenzione sarà di usare anche questa via per aiutarci, per farci del bene e trasformare quel bene, come opportunità di “rinascita”.
La solitudine, lo smarrimento, il vuoto nel petto che si sente quando siamo nel deserto non è una casa leggera, non è facile da sopportare, ecco perché Gesù si “inoltra” in questa esperienza, proprio per toccare con mano la sofferenza di questo momento sotto ogni punto di vista e attraverso la Fede, che la Sua stessa Vita produce all’interno del nostro cuore, darci la forza, la capacità e il coraggio di trasformare questi “macigni in sorgenti d’acqua” (Salmo 114:8).
Sappiamo però, che Egli aveva un accompagnatore, grazie al quale ha potuto mantenersi stabile nel Suo essere umano, lo Spirito Santo, il quale è sovvenuto alle Sue necessità, dalla fame allo smarrimento interiore, affinché potesse proseguire e giungere al termine di questo percorso “sano e salvo” nel corpo, nell’anima e nello spirito. Lo Spirito Santo, che lo ha protetto degli inganni dei “miraggi” e dalle deviazioni delle mente (le tentazioni).
Sì, perché un altro fattore importante che abbiamo potuto considerare attraverso le due testimonianze, è che il deserto ha un inizio e una fine, e quest’ultima, soprattutto, dipende dall’uso che ne facciamo, sia in relazione al tempo, sia in relazione a noi stessi.
Ogni cuore passerà per questa via, così come è nel suo essere e per il tempo che ci vuole, quello che conta è avere la comprensione che abbiamo una fonte a cui attingere per affrontare questo viaggio.
Essa è una marcia in più rispetto al popolo d’Israele se riflettiamo bene!
E Dio, il Signore si rivelerà, si farà conoscere, nel Suo amore e nella Sua presenza pura, delicata, sensibile, attraverso i Suoi Pensieri, espressioni di pace e speranza, per offrire l’opportunità di un futuro e un’avvenire all’insegna della gioia e della libertà, attraverso la Sua Parola che, come una lampada, illuminerà sempre e dovunque il cammino di coloro che hanno deciso di affidargli completamente la propria vita. Siano essi negli abissi, siano essi sulle alture; Dio, il Signore, sarà con loro ovunque andranno.
“Beati quelli che trovano in te la loro forza, che hanno a cuore le vie del Santuario! Quando attraversano la valle di Baca, essi la trasformano in luogo di fonti e la pioggia d’autunno la ricopre di benedizioni. Lungo il cammino aumenta la loro forza e compaiono infine davanti a Dio in Sion.” (Salmo 84:5-7)
E’ una promessa!