L’ultima volta ci siamo lasciati sulla via di Emmaus, una via che si è resa spettatrice di un incontro profondo e rivelatore che ha chiamato a confronto due importanti condizioni: la delusione (i due discepoli) e la forza attiva e rigeneratrice della speranza (Gesù).
Siamo stati anche noi, a nostra volta, coinvolti come spettatori grazie alla storia e agli elementi che ci sono giunti attraverso la Parola. Abbiamo assistito a quell’incontro, abbiamo empatizzato con il cuore affranto dal dolore dei due uomini, abbiamo visto come la delusione della mancata realizzazione delle nostre aspettative può travolgere il nostro essere a tal punto, da non riconoscere più il miracolo che Dio può compiere, ma abbiamo anche visto come questa condizione, sebbene apparentemente impenetrabile, viene raggiunta da questa forza attiva scaturita dal cuore di Gesù, che non nega la realtà di quel momento, ma la penetra squarciando il velo della delusione dal cuore dei due uomini, fino ad aprire i loro occhi e la loro mente per “comprendere” e così poter andare oltre il limite che quella delusione, ormai aveva tracciato.
La via di cui parleremo in questo articolo non è del tutto differente da quella di Emmaus, e per certi versi, anche se percorre sentieri un po’ diversi, sembra comunque raggiungere la stessa destinazione. Anche la via di Damasco si fa palcoscenico e ci rende spettatori di un altro incontro molto importante e significativo. Un incontro che segnerà l’inizio di una vera e propria missione evangelistica di portata mondiale.
Mentre su Emmaus abbiamo visto il confronto di due condizioni come la delusione e la speranza, qui assistiamo ad un confronto un po’ più cruento, più travolgente, ed è quello che si presenta tra l’ostinazione e la rivelazione.
Paolo è l’apostolo! Autore di molte delle lettere contenenti alcuni degli insegnamenti fondamentali su cui si basa buona parte del Cristianesimo. Ma è anche Saulo da Tarso, fariseo e aguzzino, impegnato nelle prime persecuzioni contro cristiani, uno dei colpevoli della morte del giovane Stefano, al quale verrà attribuito in seguito l’onore di primo martire.
Ma proprio durante una delle sue spedizioni, a Saulo da Tarso accade qualcosa. Mentre era in viaggio verso Damasco per portare delle lettere alle sinagoghe di quella città, Paolo ci racconta…
Quanto a me in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno. Questo infatti fece a Gerusalemme; […] Mentre mi dedicavo a queste cose e andavo a Damasco con l’autorità e l’incarico da parte dei capi dei sacerdoti, a mezzogiorno vidi per strada una luce dal cielo più splendente del sole la quale sfolgorò intorno a me ai miei compagni di viaggio. Tutti noi cademmo a terra e io udì una voce che mi disse in lingua ebraica: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro recalcitrare contro il pungolo. Io dissi: Chi sei, Signore? E il Signore rispose: Io Sono Gesù che tu perseguiti. Ma alzati e sta in piedi perché per questo ti sono apparso: per farti il ministro e testimone delle cose che hai viste e di quelle per le quali ti apparirò ancora, liberandoti da questo popolo e dalle Nazioni alle quali io ti mando, per aprire loro gli occhi affinché si convertano dalle tenebre alla luce, dal potere di Satana a Dio, e ricevano per la fede in me il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati.” (Atti 26:9-18)
Su questa via l’ostinazione di Paolo trova un fermo, qualcosa, o per meglio dire, qualcuno, che gli impedisce di andare avanti e finire quello che aveva iniziato. Una luce, come lui stesso ha descritto, che lo disarma di ogni convinzione che aveva avuto fino a quel momento, che piega il suo cuore all’ascolto di quell’uomo che gli era andato incontro su quella via. E, al persecutore per eccellenza, accade di essere trasformato mediante questa rivelazione come il missionario più eloquente, più attivo e più efficace della storia del Cristianesimo, colui che si fa portavoce del messaggio della salvezza fino a varcare la soglia della porta di Roma.
Paolo era quello che era, perché fortemente ostinato. Non voleva sentire altre ragioni al di fuori delle cose in cui lui credeva fermamente, cose che gli erano state insegnate e che in parte erano giuste, corrette, ma quello che realmente gli mancava era appunto la verità, la quale rendeva tutto quello che aveva imparato fino a quel momento, inutile rispetto allo scopo e al disegno che Dio aveva per l’umanità e che aveva deciso di rivelarlo attraverso la persona di Gesù, Suo Figlio, Colui che lui stesso stava perseguitando.
Nei nostri percorsi di vita, anche noi spesso con la nostra ostinazione ci troviamo a camminare vie come quelle di Damasco, magari innescando anche noi qualche persecuzione contro Dio, contro il mondo e persino contro noi stessi, magari lasciando anche qualche vittima sul nostro cammino, o causando veri e propri danni verso noi stessi, o a discapito di altri.
L’ostinazione, come la delusione e lo scoraggiamento, è un limite che, come abbiamo visto, non ci permette di realizzare e di vivere appieno quello che la vita di Gesù può fare nella nostra, non ci permette di vivere e di realizzare principi realmente attivi della Parola di Dio, utili per il bene del nostro cuore e per chi è intorno a noi, perché fortemente legati alle nostre ragioni.
Paolo credeva di essere nel giusto, credeva di fare la volontà di Dio, conosceva bene le scritture e si adoperava per esse. Aveva a cuore tutte le trascrizioni della legge e onorava il tempio, eppure non riusciva a vedere, non riusciva a comprendere che tutto quel sapere, senza quell’incontro, senza quella conoscenza, non rappresentavano a pieno la Vera identità di Dio, che solo attraverso Gesù poteva essere rivelata…
“Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Giovanni 14:9)
È stata la luce di quella rivelazione a sciogliere le convinzioni ostinate di Paolo, è stato il suo nome chiamato con autorevolezza a svegliarlo da quella menzogna che si era costruito, è stata quella identificazione “Io sono Gesù…” (Atti 26:15) a ribaltare completamente il suo cuore e la sua mente, che da quel momento in poi, vivrà le esperienze più gloriose della sua vita.
È stato quell’incontro che gli ha dato l’opportunità di fare esperienza del rinnovamento, nelle profondità di se stesso, che ha varcato i limiti dell’ostinazione, come per i discepoli sulla via di Emmaus, fino ad aprirgli completamente la comprensione al senso reale di quello Gesù era venuto a compiere, per il bene dell’umanità.
L’esperienza di Paolo è la stessa che il Signore Gesù ci propone anche oggi, qualsiasi sia la via per la quale ci troviamo a camminare. Persino quella dell’ostinazione può essere un’opportunità d’incontro con il nostro Signore Gesù. Abbiamo bisogno di ricercare quell’incontro, abbiamo bisogno nuovamente di incontrare il segreto di quella Vita in noi, di vederlo di nuovo, e di nuovo, di rientrare nei Suoi sentieri, che sappiamo essere “sentieri di pace e di giustizia”.
Abbiamo bisogno, come Paolo, di essere attraversati da quella luce, di fermarci in quel momento e di riconoscere che senza di “Lui non possiamo fare nulla”, che le nostre convinzioni possono essere reali, ma non del tutto sane, che possono essere plausibili, ma non del tutto corrette, che possono essere giuste secondo i nostri punti di vista, ma non secondo i principi e la volontà di Dio.
Paolo dopo questa esperienza si trovò accecato per tre giorni, fino a quando un uomo mandato da Dio, Anania, si recò da lui per pregare. Solo allora accade che, dagli occhi di Paolo, gli caddero come due squame. Da quel momento in poi, si scopre un uomo completamente rinnovato che dal persecutore che era, passa ad essere il testimone più influente della storia di Gesù il Nazareno (Atti 9:10-22).
Cara lettrice, caro lettore, la mia preghiera oggi, per me e per te che hai dedicato parte del tuo tempo a questa lettura, è che possiamo fare esperienza anche noi di questo incontro. Che la luce che ne scaturisce possa essere anche per noi motivo di rinnovamento, di rinascita e come un lume, possa “illuminare gli occhi del nostro cuore” in momenti di forte crisi e oscurità, per renderci partecipi della gloria di Dio e testimoni autentici delle Sue Verità, che si rivelano con potenza attraverso i nostri vissuti, nelle circostanze avverse, nelle contraddizioni con cui ci scontreremo e nelle stagioni che ci troveremo a trascorrere.
Così, come è stato per Paolo, vogliamo sperimentare il miracolo straordinario e liberatorio di vedere le squame cadere dai nostri occhi, e riuscire finalmente a vedere la volontà di Dio compiersi in tutta quanta la Sua pienezza, per il nostro bene e per il bene di quanti il Signore metterà sul nostro cammino…
“…il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente; egli illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, e qual è verso di noi che crediamo l’immensità della sua potenza” (Efesini 1:17-19)
Amen!
2 Commenti
L’esperienza di Paolo ci fa capire che non è per potenza né per forza, ma per lo Spirito di Dio. Dio ha fatto tutto: ha cercato, chiamato e liberato Paolo, e poi gli ha anche affidato un compito. Questo ci incoraggia profondamente. Grazie Gesù e grazie Martina😊❤️
Grazie a te per il tuo contributo. Hai arricchito questa riflessione. Grazie soprattutto per il tempo che hai dedicato a questa lettura. Il Signore nostro Dio ti benedica, profondamente ❣️