“…non cessate mai di pregare..” (I Tessalonicesi 5:17-18)
La Preghiera è il “Respiro dell’Anima“
Così come per il bambino che viene alla luce, emettere un profondo respiro significa imparare a vivere, per il credente pregare diventa un indispensabile azione naturale da compiere sempre per continuare a vivere la propria vita spirituale. Essa è il canale attraverso il quale, Dio mette in pratica la Sua opera sulla terra. Tramite la preghiera noi entriamo in una relazione intima e personale con Lui, ecco perché essa non si basa solo sul fatto di chiedere delle cose, ma di metterci in contatto con Dio. Lo scopo di questa meditazione è di aiutare a considerare il vero valore della preghiera, riconoscendo che Lui ci ama e può venire incontro ad ogni nostro bisogno.
Pregare significa rivolgersi a qualcuno chiedendo qualcosa con umiltà e sottomissione, chiedere umilmente con parole o con atti.
I credenti non “fanno le preghiere”, non “recitano le preghiere”, i veri credenti “PREGANO“.
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Dal giorno in cui ci siamo convertiti all’evangelo della Grazia per noi deve valere sempre l’esortazione dell’apostolo Paolo: “non cessate mai di pregare”. Pregare quindi, non è solamente un dovere, ma il privilegio che ogni credente ha per crescere spiritualmente e per esercitare e curare la propria comunione con il Signore.
La vita del credente inizia con una preghiera: “Signore Gesù vieni nel mio cuore ti voglio accettare come mio personale Salvatore” e si concluderà con una preghiera: “Signore accoglimi fra le tue braccia”. Gesù stesso sulla croce pregò: “Padre nelle Tue mani rimetto il mio spirito”. Gesù diede ai suoi discepoli un modello di preghiera, non la preghiera. La vera preghiera, non è formalità o ritualismo, ma è quella che nasce dal cuore, spinta dal desiderio di tenersi in comunione con Dio. Dio manifesta la sua potenza e il Suo amore in risposta alla preghiera presentata con fede dai Suoi figli, perciò possiamo affermare che la preghiera è potenza che trasforma. La fede e la preghiera devono procedere di pari passo. La fede è certezza interiore e manifestazione esteriore di ciò che noi crediamo.
Aspetti della preghiera
Una giusta attitudine è la base su cui poter impostare una preghiera efficace, non dobbiamo mai dimenticare che ci stiamo rivolgendo a coLui che ha tutto in Suo potere, l’Onnipotente creatore del cielo e della terra. Si può pregare nei modi più diversi, perché quello che ha realmente valore davanti a Dio è l’attitudine interiore del credente, mentre molte volte la manifestazione esteriore è in aperto contrasto con i sentimenti del cuore.
L’INVOCAZIONE è sicuramente un passo obbligato che porta la nostra preghiera ad un livello successivo, ci aiuta a concentrare tutta la nostra attenzione su Dio. Nell’ADORAZIONE realizziamo ciò che noi siamo e ciò che Egli è: come tali noi ci prostriamo dinanzi a Lui, dinanzi alla Sua Santità e alla Sua Gloria. Nella LODE, il cui significato è: celebrare qualcuno per quello che egli è, per le sue opere o per le sue doti”, noiesaltiamo il modo e il motivo per cui Dio ha fatto le cose per noi. Essa è il risultato di un cuore che sente il bisogno di pregare, evidenzia il nostro amore per Lui, riscalda il nostro cuore e muove il cuore e la mano di Dio. Coinvolge, libera e incoraggia coloro che ci ascoltano. Ci immette, per lo Spirito Santo, in un’atmosfera spirituale adatta alla manifestazione della gloria di Dio. Con l’ADORAZIONE essa è la manifestazione più alta della preghiera, infatti con la lode entriamo in un’atmosfera di vera preghiera. Nell’INTERCESSIONE presentiamo la causa di qualcuno davanti al trono di Dio. Non una preghiera egoistica: intercediamo non solo per la nostra cerchia di amici, ma per tutti. Nella CONFESSIONE noi ci mettiamo in una condizione di sincerità, niente veli, niente segreti, anche perché non servirebbero davanti a coLui che legge i cuori. In realtà essa è una presa di coscienza dei propri errori per porvi un rimedio con l’aiuto del Signore. Nel RINGRAZIAMENTO consideriamo quello che Egli ha fatto per noi e quello che farà ancora per un altra fase della preghiera, la RICHIESTA che nasce dal grido di un cuore bisognoso e desideroso di ricevere le benedizioni dell’Altissimo. La preghiera non è soltanto richiesta, come credono molti cristiani, ma è relazione con Dio nel senso più profondo e più intimo. I figli non parlano con i genitori soltanto per chiedere e quindi i credenti non si devono presentare al Padre esclusivamente con la nota dei propri bisogni.
Come pregare
“…Voi dunque pregate così…” (Matteo 6 :9)
In questo capitolo dell’Evangelo di Matteo, Gesù condanna fermamente l’ipocrisia dei farisei del Suo tempo, le loro elemosine, le loro preghiere e i loro digiuni. I discepoli a questo punto chiedono a Gesù che insegni loro a pregare: “Signore insegnaci a pregare”. Tuttavia, ancor prima di insegnare loro le “parole” da rivolgere a Dio, Gesù insegna il “modo” in cui bisogna pregare e l’attitudine che deve caratterizzare la preghiera.
Una preghiera personale: “…entra nella tua cameretta…” La preghiera riguarda il rapporto tra il Creatore e la creatura nella sua individualità. Gesù condanna la preghiera degli ipocriti che amano pregare in modo plateale o in piedi nelle sinagoghe per mettere in mostra tutta la “giustizia umana” agli angoli delle piazze, per essere visti e sentiti dagli uomini. Egli ribalta quello che i religiosi del Suo tempo facevano ed insegna a “ritirarsi in disparte” per rivolgere la preghiera a Dio. La “cameretta”, in effetti, ci porta a pensare ad una “conversazione” personale che nulla ha a che fare con la bella mostra di sé nella sinagoga.
Una preghiera intima: “…chiusa la porta…” Che differenza con gli ipocriti che “gridano” la loro preghiera per farsi sentire dagli uomini! La porta chiusa indica il fatto che si vuole essere “sentiti ed ascoltati” solo da Dio. Mentre la ricompensa degli ipocriti è la soddisfazione vanagloriosa del momento, Gesù ci insegna a chiudere “la porta” in una intima comunione con Dio per realizzare ciò che si chiede.
Una preghiera rivolta al Padre: “rivolgi la preghiera al Padre tuo” Qui viene sottolineato quale deve essere il rapporto tra il Creatore e la creatura: Padre e figlio! Questa figura di Dio è davvero stupenda perché il padre vuole assolutamente il bene del proprio figlio. Sicuramente un padre non darà mai una pietra al figlio che gli chiede del pane, oppure un serpente al posto di un pesce o, ancora, uno scorpione anziché un uovo! Il Padre dà sempre “cose buone” e “lo Spirito Santo” a coloro che glielo domandano (Luca 11:13)
Una preghiera sincera: “e il Padre tuo che vede nel segreto” Dio è onnisciente e conosce tutto di noi. La preghiera sincera che viene accettata da Dio viene descritta in due modi “in spirito” cioè spiritualmente, non in modo meccanico, ripetitivo e senza nessuna attenzione a ciò che si sta facendo; “in verità” cioè interiore, sincera, con tutto il cuore e non apparente. Verità, cioè come comanda la Sacra Scrittura. Dio vede e legge le parti più remote della nostra esistenza e sa già ciò che il nostro cuore desidera. Egli premia sempre l’anima sincera che si accosta a Lui.
Una preghiera breve: “non usate troppe parole” Lutero diceva: “Quanto più povera di parole, tanto migliore è la preghiera”. Gesù insegna a non usare troppe parole, infatti: I pagani pensano che l’esaudimento della preghiera viene dalla sua “lunghezza”, quindi tanto è prolissa la preghiera, tanto più è probabile l’esaudimento. Egli ci insegna che “non chiunque mi dice: Signore, Signore! Entrerà nel regno dei cieli”. Il Padre “sa”, cioè conosce già, perciò è più importante la nostra fede e non il numero delle parole.
Una preghiera efficace deve essere Ordinata in tutti i suoi aspetti, ma comunque senza incorrere nell’esagerazione opposta che porterebbe far cadere sicuramente nella religiosità annullando completamente il beneficio che essa procura nella vita del credente. Coloro che vogliono stabilire una regola rigorosamente rigida spesso cadono nella condanna delle Scritture.
Una preghiera efficace deve essere Perseverante, il significato di questa parola non è insistenza o petulanza ma “mantenersi fermo in un azione”, questo atteggiamento, chiaramente positivo, è la conseguenza di una posizione Fervente, che altro non è che un ardente e intensa attesa dell’adempimento della volontà del Signore.
Un modello efficace di preghiera
Il Padre Nostro è una preghiera personale, intima, rivolta al Padre, sincera e breve. Gesù introduce la preghiera con un “dunque” che indica un fatto importante. Questa preghiera racchiude in sé tutti gli elementi sul “modello” di preghiera precedentemente analizzati. Naturalmente, questa preghiera, proprio per evidenziare e condannare l’ipocrisia delle preghiere meccaniche dei pagani, è semplicemente un “modello” di preghiera che i cristiani devono tenere nel cuore e nella mente ogni qualvolta si rivolgono a Dio.
La paternità di Dio: “…Padre nostro…” Questa prima considerazione riguarda il modo in cui rivolgerci a Dio: “Padre nostro!” Il termine “abbà” è un vocabolo della vita quotidiana ebraica che nessuno avrebbe mai applicato a Dio. Significa “caro padre” e viene detto in tono confidenziale, come dire “papà”. Era questo il modo in cui i figli, ancor bambini, chiamavano il loro padre. Nell’Antico Testamento non ci sembra che il popolo d’Israele chiamasse Dio in tal modo. Infatti troviamo solo qualche rarissima citazione, mentre in qualche altro testo è Dio che si dichiara un Padre.
Siamo figli di Dio e ciò è il risultato dell’esperienza della salvezza. Avendo “ricevuto” Cristo nella nostra vita siamo divenuti “figli di Dio” per adozione. Ora, a tal proposito, le persone della Trinità svolgono un ruolo fondamentale, in quanto: Il Padre ci offre il Suo amore, Gesù ci porta e ci rivela il Padre e lo Spirito Santo ci accerta e certifica che siamo figli di Dio.
Siamo parte della famiglia di Dio e il fatto che Dio sia “Nostro Padre” ha, come conseguenza, una implicazione straordinaria: apparteniamo ad una famiglia dove gli altri membri sono nostri fratelli, perciò ogni volta che preghiamo ci ricordiamo di loro perché Dio è “nostro” Padre.
I figli portano il nome del Padre. Abbiamo il grande privilegio di essere figli di Dio perché, purificati dal sangue di Cristo, abbiamo ricevuto la “natura divina”. Ciò significa che portiamo il nome del Padre a pieno titolo. Ebbene, il nome del Padre viene “santificato”, nel senso di glorificato, nell’opera che Egli compie in noi. Questa opera è la santificazione “senza la quale nessuno vedrà Dio”
I figli somigliano al Padre. Tutti i figli vogliono somigliare al modello per eccellenza che è il loro padre. In quanto figli di Dio, è nostro desiderio somigliare al Padre Celeste. Tanto più Gli somigliamo, tanto più è “santificato il Suo nome!”. Gesù ci esorta ad essere come il Padre. Misericordiosi come il Padre, la bontà e l’amore di Dio sono un modello per i Suoi figli. Perfetti come il Padre e il termine “perfezione” indica l’essere santi, cioè separati. In questo senso tutti gli aspetti della nostra esistenza devono mirare al modello paterno: La condotta, i sentimenti, le parole.
I figli esaltano il Padre. Questo è un interessantissimo aspetto della nostra preghiera: adorare Dio! L’adorazione che bisogna rivolgere al Padre deve avere due caratteristiche fondamentali. Egli va adorato “In ispirito e Verità”. Dio è Spirito e pertanto l’adorazione deve essere spirituale e non meccanica o ripetitiva. Sono i sentimenti del cuore che devono essere pienamente coinvolti. Inoltre la preghiera deve essere secondo gli insegnamenti della Parola di Dio perché sia “in verità”. Con “timore e tremore” scriveva il profeta Isaia. Dinanzi alla Sua santità bisogna “togliersi i calzari dai piedi”. Questo deve responsabilizzare quanti, con superficialità e leggerezza, partecipano ai culti noncuranti del momento e del luogo. Non solo è necessario curare il nostro aspetto esteriore (come si è vestiti, come ci si siede…) ma anche i nostri sentimenti, che devono essere all’insegna della purezza e della semplicità.
A volte il nome di Dio viene offeso anziché santificato e glorificato, quando non permettiamo l’opera di Dio in noi, non somigliamo al Padre e non Lo esaltiamo come dovremmo!
“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome!”
La sovranità di Dio: “…che sei nei cieli…” Non bisogna mai dimenticare, che Dio, il Padre Nostro, è il Sovrano e Signore dell’universo e della nostra stessa esistenza: Egli è il Creatore! L’apostolo Paolo richiama gli Efesini a non dimenticare che Dio è “nel cielo” e noi siamo Sue creature. Il concetto della sovranità di Dio evidenzia la nostra umile sottomissione al Padre. Chi siamo noi dinanzi al Suo trono? Ci sottomettiamo umilmente a Dio, permettendoGli di “regnare”, cioè di governare la nostra esistenza.
La necessità di un intercessore: Solo tramite un intercessore tra noi e Dio potremo andare al Padre e chiamarLo “Abbà”, Padre. Cristo Gesù è il nostro mediatore, Egli è il “paracleto” presso il Padre perciò possiamo andare a Dio Padre nel nome di Gesù.
La santità di Dio: “…sia santificato il Tuo nome…” Questa espressione è sicuramente legata al terzo comandamento: “Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano” Il comando evidenzia la santità di Dio. Quando le Scritture parlano del “nome” di Dio, intendono sottolineare i Suoi attributi divini: Egli è Eterno, Purissimo Spirito, Onnipotente, Onnipresente, Onnisciente, Santo, Giusto, Fedele, Misericordioso, Amore, Bontà…!
Venga il Tuo regno: Questa invocazione sottolinea sicuramente il desiderio profondo di vedere realizzate le profezie bibliche inerenti alla venuta del Messia e del Suo glorioso regno di pace e d’amore. La Sacra Scrittura ci presenta l’esistenza di due regni: Il regno del peccato e delle tenebre il cui “principe” è il diavolo e Il regno di Dio il cui Re è il Signore Gesù Cristo. Il “Padre Nostro” inizia con questa prima richiesta mettendo così in evidenza ciò che è, in realtà, la cosa più importante ed urgente: il regno di Dio!
L’urgenza di realizzare il Suo regno: Cristo, con la Sua venuta, ha portato il regno di Dio agli uomini. Senza particolare clamore, il regno di Dio deve essere realizzato “dentro di noi”, l’incarnazione del Figlio di Dio è stato il mezzo attraverso il quale Dio ci ha fatto pervenire il Suo regno. Questo regno è oggi un regno spirituale che mira alla salvezza delle anime e alla loro redenzione dal regno delle tenebre. Ogni uomo può e deve realizzare nella propria vita la realtà di questo regno. Perché ciò accada è necessario “diventare come piccoli fanciulli”, ciò implica la sincerità e la semplicità di una fede genuina che realizza la promessa del regno; “nascere di nuovo” per la potenza dello Spirito Santo, il Signore Gesù sottolinea a Nicodemo che solo questa esperienza di fede potrà assicurare all’uomo, non solo di “vedere”, ma di “entrare” nel regno di Dio. La nostra preghiera, dunque, consiste nell’implorare Dio Padre perché la salvezza giunga a tutti gli uomini e, in questo modo si realizzi e viva il regno di Dio “dentro di noi”.
L’urgenza del governo di Cristo: Che significato avrebbe mai un regno il cui Re non governa i suoi sudditi? Realizzando il regno di Dio in noi, iniziamo a vivere una “vita nuova” in cui Cristo il Signore prende il “comando” della nostra esistenza. È indubbiamente essenziale che Cristo regni in noi e nella Sua Chiesa perché solo in questo modo si realizza la volontà di Dio, la giustizia, la pace e la gioia nello Spirito Santo. In Cristo siamo il “tempio di Dio” e lo Spirito Santo, che vive in noi, deve avere il pieno “possesso” della nostra vita affinché, come è scritto nell’epistola ai Filippesi, “ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore alla gloria di Dio Padre!”.
L’urgenza di annunciare il regno di Dio: Il grande mandato che Cristo ha dato alla Sua chiesa è l’annuncio dell’Evangelo. La predicazione della croce “è la potenza di Dio” che permette di aprire, o chiudere, il “regno di Dio” che Gesù ha portato nel mondo. Questo annuncio è la “chiave” che il Signore ha dato ai Suoi discepoli d’ogni tempo e necessita della pienezza e della potenza dello Spirito Santo. L’annuncio del regno di Dio, dunque, è quanto di più importante la Chiesa è chiamata a fare in ogni tempo.
L’urgenza della venuta del Re: Il sogno che Daniele interpreta al re Nabucodonosor anticipa profeticamente la fine dei tempi. La “pietra” che si stacca e colpisce la statua, frantumandola, è il Signore Gesù che viene per stabilire il Suo regno in modo definitivo ed eterno. In quanto “pellegrini e forestieri” noi credenti “non abbiamo qui una città stabile, ma cerchiamo quella futura”. Il desiderio della Chiesa è che Gesù ritorni in gloria per stabilire il Suo regno.
Nelle Sacre Scritture la “venuta” del Messia è presentata in tre diversi momenti:
Egli è venuto ed ha portato il Suo regno nel cuore degli uomini con la Sua incarnazione. Il Suo ministero e la Sua morte vicaria ed espiatrice hanno permesso che “chiunque crede in Lui non perisca ma abbia la vita eterna”. Gesù è risorto ed è asceso al cielo dove “è seduto alla destra del Padre ed intercede per noi”.
Egli verrà (parousia, presenza personale) per rapire la Chiesa e portarla con Sé nella gloria. Mentre nel cielo si riceveranno i premi dinanzi al “tribunale di Cristo” e si celebreranno “le nozze dell’Agnello”, sulla terra si scatenerà la “grande tribolazione”.
Egli verrà (apokalupsis, rivelazione, togliere il velo) con la Sua Chiesa per mettere fine al regno terreno dell’anticristo, instaurare il regno millenniale ed infine stabilire “nuovi cieli e nuova terra dove abita la giustizia”.
“A Lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il Suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo, a Lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen”.
“Padre… venga il Tuo regno!”
Fonti
dal WEB